Nell’ultimo articolo abbiamo seguito un lungo itinerario parlando delle più importanti piramidi dell’Antico Egitto, ora ci occuperemo di un altro aspetto, com’erano costruite?
Negli anni sono state sviluppate le teorie più fantasiose e bislacche che hanno contribuito a creare una sorta di mistero intorno alla tecnica usata. In realtà gli Egittologi sono abbastanza concordi: le piramidi sono state costruite trasportando gli enormi blocchi di pietra con slitte di legno su grandi rampe. Le rampe era funzionale in questo tipo di costruzioni: giunti a metà dell’altezza gli operai avevano già posizionato il settantacinque per cento di tutti i blocchi necessari. La difficoltà di portare i blocchi così in alto era compensata dal relativamente esiguo numero di pietra da posizionare.
Nella piramide del Faraone Senuseret I che si trova a El Lisht si possono ancora vedere distintamente le antiche rampe.
Gli antichi romani, per esempio, a differenza nostra non erano molto impressionati dalle piramidi. Sovrapporre centinaia di blocchi l’uno sull’altro non era certo un impresa che poteva colpire la fantasia degli ingegneri romani, abituati a deviare fiumi, costruire ponti, acquedotti e fortificazioni chilometriche. Infatti ai romani piacevano di più gli obelischi che vennero spediti ad abbellire le più importanti città dell’impero.
Ora che abbiamo scoperto come venivano costruite vediamo cosa si trova al loro interno. La più complessa è la Piramide di a Gradoni di Saqqara, sotto la quale si trova un insieme di cunicoli e gallerie lunghi più di 5 chilometri, oggi chiusi al pubblico.
All’interno della Grande Piramide di Cheope si trova invece la Grande Galleria, un corridoio in ascesa, con il soffitto costituito da grandi blocchi posti a scalare, quasi a dare una forma piramidale al cunicolo stesso, alto più di 10 metri.
Le pareti delle grandi piramidi di Giza non sono decorate, solo durante la V dinastia le camere funerario iniziarono ad essere decorate.
Spetta al faraone Unas (se siete stati in Egitto magari lo ricorderete, è il faraone, nel cui cartiglio si trova un buffo coniglio) questa importante innovazione: fu il primo a coprire le pareti con i geroglifici. I testi qui riprodotti dovevano guidare il faraone verso il suo cammino negli inferi, sino alla piena risurrezione.
Dal suo complesso funerario in poi, fino alla fine della storia egiziana le tombe diventeranno dei veri e proprio libri di pietra, che tante informazioni hanno dato agli archeologi.
Costruire una piramide non era solo una preparazione per la vita post-morte del sovrano ma uno dei motori stessi dell’antica civiltà egizia. Gli operai che lavoravano alla piramide erano i contadini che non potevano lavorare durante l’inondazione del Nilo, necessaria per fertilizzare i campi. La piena permetteva anche di trasportare sull’acqua i blocchi fino ai siti di costruzione. Gli operai erano dunque mantenuti dallo stato mentre lavoravano alla costruzione. Al progetto partecipavano poi maestranze specializzate, come pittori, scultori, architetti. Al termine dei lavori si creavano delle cosiddette città delle Piramidi: sacerdoti, incaricati del culto dei morti, del faraone e dei nobili delle necropoli, artigiani e contadini e le famiglie di tutti abitavano ne pressi della struttura creando così delle comunità che sarebbero sopravvissute per secoli.
Ci possiamo permettere un paragone azzardatissimo? Per un Faraone preparare la sua piramide era un po’ come per un paese oggi organizzare le Olimpiadi! Ben organizzate servono da traino all’economia, male organizzate possono portare uno stato sul lastrico…
Forse quest’ultima considerazione sarebbe stata un po’ ardua da far accettare a Imothep, architetto di Saqqara venerato poi come una divinità. O forse gli sarebbe piaciuta una volta compresa…